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Non è valida la clausola del regolamento che vieta la detenzione di cani in condominio. Secondo un altro orientamento invece è ancora possibile vietare di detenere cani negli appartamenti.

12/09/2024 Autore: Mazzilli Immobiliare
Non è valida la clausola del regolamento che vieta la detenzione di cani in condominio. Secondo un altro orientamento invece è ancora possibile vietare di detenere cani negli appartamenti.

In ambito condominiale può accadere che un condomino lamenti la violazione di una clausola del regolamento condominiale di origine contrattuale che vieta la detenzione di cani nelle abitazioni. Il partecipante al condominio disturbato dalla presenza dell'animale, se non vuole accettare una soluzione di compromesso, chiede giudizialmente la condanna del proprietario dell'animale a desistere da tale detenzione, con imposizione al convenuto di allontanare il cane dall'edificio condominiale o assumendo ogni altro opportuno provvedimento anche coattivo necessario al rispetto del regolamento.

Il problema è che tra le disposizioni introdotte della legge n. 220 del 2012 di riforma della disciplina condominiale vi è la previsione di cui all'ultimo comma dell'art. 1138 c.c. secondo cui le norme del regolamento di condominio non possono "vietare di possedere o detenere animali domestici". Tale disposizione è sembrata la conferma del seguente principio elaborato prima della riforma del condominio: il divieto di tenere negli appartamenti i comuni animali domestici non può essere contenuto negli ordinari regolamenti condominiali, approvati dalla maggioranza dei partecipanti, non potendo detti regolamenti importare limitazioni delle facoltà comprese nel diritto di proprietà dei condomini sulle porzioni del fabbricato appartenenti a essi individualmente in esclusiva.

Si è affermato che le clausole del regolamento condominiale che impongono limitazioni ai poteri e alle facoltà spettanti ai condomini sulle parti di loro esclusiva proprietà incidono sui diritti dei condomini, venendo a costituire su queste ultime una servitù reciproca; ne consegue che tali disposizioni hanno natura contrattuale, in quanto vanno approvate e possono essere modificate con il consenso unanime dei comproprietari, dovendo necessariamente rinvenirsi nella volontà dei singoli la fonte giustificatrice di atti dispositivi incidenti nella loro sfera giuridica.

Per la stessa opinione tali disposizioni esorbitano dalle attribuzioni dell'assemblea, alla quale è conferito il potere regolamentare di gestione della cosa comune, provvedendo a disciplinarne l'uso e il godimento (Cass. civ., Sez. II, 15/02/2011, n. 3705).

In quest'ottica si afferma che vietare la detenzione di cani negli appartamenti in condominio è certamente possibile ma solo con clausole di natura contrattuale del regolamento accettate da tutti.

Una parte della giurisprudenza non condivide la conclusione sopra detta e parla di un "nuovo" diritto basato su un'accresciuta sensibilità sociale verso gli animali.

 

A tale proposito si segnala una recente decisione della Corte di Appello di Bologna (sentenza n. 766/2024).

Regolamento di condominio e divieto di detenzione di cani in condominio. Fatto e decisione

Un condomino si rivolgeva al Tribunale lamentando che altro condominio deteneva due cani di grossa taglia nell'immobile di proprietà in violazione del regolamento condominiale di origine contrattuale e regolarmente trascritto; in particolare riteneva che fosse stato violato l'articolo 13 del detto documento che disponeva quanto segue: " È vietato in modo assoluto e tassativo......n) di tenere cani e gatti o altre bestie negli appartamenti o in qualsiasi altro locale dell'edificio privato o comune".

Di conseguenza l'attore chiedeva al Tribunale, il rispetto del divieto regolamentare ed il conseguente allontanamento dei due cani dal condomino.

Si costitutiva il convenuto che, pur non contestando i fatti posti a fondamento della stessa, riteneva che il suo comportamento fosse rispettoso dell'integrazione dell'art. 1138 c.c. introdotta dalla riforma del condominio. Il Tribunale dava ragione all'attore.

Il Giudice di primo grado sosteneva che la disapplicazione della norma regolamentare richiesta dal convenuto si sarebbe tradotta di fatto nella lesione del diritto degli altri condomini all'osservanza del regolamento; in ogni caso riteneva che la clausola in questione, imposta dagli originari redattori del regolamento, potesse aver costituito riferimento per coloro - i successivi acquirenti - che non volevano o non potevano convivere o comunque avere contatti con gli animali. La Corte di Appello ha ribaltato la decisione di primo.

I giudici di secondo grado hanno affermato che deve essere senz'altro riconosciuto al rapporto uomo-animale domestico un interesse giuridico da tutelare e a cui va attribuito un valore di portata costituzionale ai sensi dell'art. art. 2 della carta pertanto qualificando il diritto al rapporto affettivo uomo-animale domestico quale diritto di nuova generazione.

Secondo i giudici bolognesi l'art. 1138 c.c. u.c. ha, quindi, previsto un espresso riconoscimento a tale diritto e, segnatamente, a quello della coabitazione con l'animale domestico, come estrinsecazione del più ampio diritto al rapporto affettivo con l'animale.

La Corte di Appello ha ritenuto che l'interesse dell'attore a vedere conservata la clausola contrattuale che vieta la detenzione degli animali domestici non sia meritevole di tutela in quanto collide con tutta evidenza sia con i principi europei che quelli del legislatore italiano posti a difesa del rapporto uomo - animale domestico.

Considerazioni conclusive

Recentemente è stato precisato come l'ultimo comma dell'art. 1138 c.c. - introdotto dalla novella n. 220/2012 - si riferisca al solo regolamento approvato dall'assemblea con la maggioranza prevista dall'art. 1137 c.c., quale disciplina d'uso delle cose comuni, rispondendo alla ratio di consentire all'assemblea di determinare, per l'appunto, l'utilizzazione dei beni comuni con snellezza, senza tuttavia permettere alla maggioranza di intaccare il diritto di proprietà esclusiva dei condomini in mancanza di consenso (abdicativo) dell'interessato (Trib. Lecce 15 settembre 2022 n. 2549).

Secondo una diversa impostazione - seguita dalla decisione in commento- non è un problema di efficacia della clausola regolamentare che vieta la detenzione di animali, ma proprio di legittimità/ammissibilità della clausola stessa che, avendo a oggetto un diritto indisponibile, non può essere valida, a prescindere dalla sua avvenuta trascrizione e/o dalla sua specifica accettazione (Trib. Cagliari 22 luglio 2016 n. 7170).

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